Avevamo chiesto a Rossana Rossanda di presentare Dietrich Bonhoeffer come «antenato». Quando, nelle more della pubblicazione, abbiamo saputo dello studio che Stefano Sicardi stava conducendo, abbiamo pensato di chiederglielo, per fare un «blocco»: perché non affiancare alla riflessione di un laico come Rossanda, quella di un protestante come Sicardi, e chiedere a Claudio Ciancio di definire i termini attuali della secolarizzazione cristiana? Ma pensavamo a una riflessione separata dalla politica bruciante. La guerra de-territorializzata contro il terrorismo e quella israelo-palestinese hanno reso però sempre più evidente un fatto: che al fondamentalismo islamico si affiancano un fondamentalismo ebraico e un fondamentalismo cristiano. Sappiamo bene che le analogie sono superficiali e inutilizzabili se non sono accompagnate dalle opportune distinzioni. Così le religioni non sono tutte uguali e perciò le loro versioni fondamentalistiche non sono tutte uguali. Resta tuttavia il fatto che al corto circuito religione-cultura-politica che si verifica in strati sempre più ampi dell’Islam corrisponde un analogo corto circuito in settori importanti del mondo ebraico e di quello cristiano. Ora, se quello ebraico può forse spiegarsi come reazione difensiva, ben altro rilievo può assumere, e sta già assumendo, il fondamentalismo cristiano, in particolare quello delle sette protestanti più radicali che negli Stati Uniti concorrono in misura sostanziosa a costituire la struttura territoriale militante del Partito repubblicano. Il quadro ideologico che ha accompagnato e sorretto la reazione americana al terrorismo islamico ha impressionanti connotati religiosi fondamentalistici (parzialmente secolarizzati), che si possono così riassumere: il mondo occidentale (cristiano) è il regno del bene (cioè è già la prima realizzazione del Regno di Dio), che come tale è portatore di una «giustizia infinita» (concetto contraddittorio, che può avere senso soltanto se riferito a Dio) e ha perciò il diritto di sconfiggere il regno del male identificato con tutto ciò che sta fuori di esso. In sostanza si pensa nei termini di un’escatologia anticipata. Questo è il fondamentalismo cristiano. E sarebbe importante analizzarlo più accuratamente, tenendo presente che alla versione protestante fa da contrappunto una versione cattolica, che è cresciuta rigogliosa all’ombra dell’attuale pontificato. I tre interventi che presentiamo cercano di dimostrare che l’esito fondamentalistico non solo non è una reazione obbligata al processo di secolarizzazione cristiana (le cui tendenze peraltro sono difficilmente reversibili), ma, anzi, contraddice la natura stessa del cristianesimo. Naturalmente non c’è nulla di scontato. O almeno si deve riconoscere che, nel mondo occidentale, il fondamentalismo, anche se fosse null’altro che una convulsione non in grado di mettere radici, porta tuttavia con sé un potenziale di conflittualità, oltre che di arretramento culturale, politico e religioso, di dimensioni gigantesche.